ACLI. Unar: 10 anni di collaborazione contro le discriminazioni

2022

UNARL’incontro di mercoledì 10 dicembre dal titolo “Diritti umani e contrasto alle discriminazioni” promosso dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale), dal dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalle Acli nazionali ha segnato un momento importante per l’azione sociale delle Acli.

L’evento è stato infatti organizzato nel giorno in cui si ricorda la proclamazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), documento che delinea i diritti fondamentali su cui ogni Stato democratico deve basarsi. Una riflessione sul tema del rispetto della dignità umana, dell’importanza della convivenza civile e del principio dell’eguaglianza tra gli uomini, oggi è quanto mai auspicabile.

Con tale evento si è celebrato anche un’altra ricorrenza degna di nota: 10 anni di collaborazione Unar – Acli nel contrasto alla discriminazione. Questo comune e decennale percorso ha reso effettivo, nel nostro Paese, il recepimento e l’attuazione delle misure di non discriminazione stabilite a livello internazionale.

Le Acli hanno avviato questa collaborazione nel 2004, poco dopo l’istituzione dell’Equality Body nazionale, l’Unar appunto: la direttiva europea 2000/43 stabilì infatti che ogni stato membro dell’Unione si dotasse di istituzioni antidiscriminazione. Così, con il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’11 dicembre 2003 si sancì la nascita dell’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni all’interno del dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le novità in campo normativo erano tante: per la prima volta si stabiliva che chiunque si considerasse vittima di una discriminazione, sia diretta che indiretta, o di una molestia fondata sul motivo della razza o dell’origine etnica, potesse agire in giudizio, individualmente o delegando un’associazione o un ente preposto, attraverso un’azione rapida ed efficace, al fine di accertare e rimuovere il comportamento discriminatorio.

Per raccogliere le denunce delle vittime dei fenomeni discriminatori e fornire loro assistenza immediata o, eventualmente, accompagnarle nel percorso giurisdizionale, fu istituito, nel dicembre del 2004, un contact center. Proprio in questa fase le Acli entrarono in gioco come partner dell’Unar nella gestione del contatto e della relazione con le vittime di discriminazione, accogliendo una sfida tutt’altro che facile.

“Allora ci facemmo guidare da un sogno che appariva  impossibile” dichiara Antonio Russo, responsabile Acli per Immigrazione, Legalità e Coesione Territoriale, “far crescere in Italia e in Europa una cultura per la quale il rispetto delle diversità e della dignità umana fosse un valore e orientasse comportamenti coerenti”. In questi dieci anni il supporto dell’Associazione è stato importante per due motivi” afferma ancora Antonio Russo “grazie al know-how del proprio personale, opportunamente formato, è stato possibile gestire situazioni spesso complesse, sia sotto il profilo culturale e psicologico, sia sotto l’aspetto normativo. Inoltre, grazie alla presenza capillare sul territorio nazionale, le Acli hanno garantito il loro supporto anche attraverso i Focal Point, centri di monitoraggio sulle discriminazioni a livello locale che integrano l’attività dell’Unar promuovendo sul territorio un forte rapporto con gli enti locali e altri soggetti del terzo settore”.

In questi dieci anni sono molti i casi di discriminazione raccolti dal centro di contatto. Nel complesso sono pervenute 7.469 segnalazioni di discriminazione, il 69,9% delle quali, a seguito di accertamenti e verifiche da parte degli operatori Acli, sono state considerate reali casi di discriminazione.

La gran parte (72,2%) riguarda casi di discriminazione su base etnico-razziale, (ma questo dato è condizionato dal fatto che sino al 2010, l’Unar si è occupato esclusivamente di discriminazione razziale). Tra gli ambiti più critici sicuramente quello del lavoro nel quale, negli ultimi dieci anni, si sono verificati 1.158 casi di discriminazione, pari al 22,2% del totale (dati aggiornati a febbraio 2014). Il lavoro è un contesto vitale, dal quale dipendono altri aspetti del processo di integrazione sociale di una persona, tra cui l’accesso alle cure mediche e all’istruzione dei minori, per citarne solo alcuni. Altri ambiti della vita sociale risultano altrettanto problematici: in primis i mass media (giornali, televisione, radio e internet) che contribuiscono, in alcuni casi, a stigmatizzare le persone più vulnerabili, utilizzando un lessico o immagini inappropriate.

Molto è stato fatto, dunque, in questi anni, ma la strada per la piena applicazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione, è ancora lunga: “Non possiamo certamente dire di avere raggiunto il pieno soddisfacimento di questo principio” conclude Russo “ma di aver contribuito a far emergere le situazioni di discriminazione e razzismo, avviando un percorso di sensibilizzazione al diritto alla piena dignità umana”.

                                                  Fonte: ACLI