CAF ACLI. Non serve la prescrizione per le spese veterinarie

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Nella recente Risoluzione 24/E del 27 febbraio 2017, l’Agenzia delle Entrate, in risposta a un paio di quesiti sulla detraibilità degli oneri sostenuti per le cure degli animali da compagnia, ha detto chiaramente che lo scontrino parlante – se si parla appunto di spese per farmaci veterinari – è l’unico documento che realmente serve.
Detto questo, che sia uno scontrino emesso per un farmaco destinato a un animale piuttosto che a un umano, la sostanza non cambia, nel senso che lo scontrino è sempre lo stesso: dovrà cioè “riportare, oltre al codice fiscale del soggetto destinatario, anche la natura e la quantità dei medicinali acquistati. In particolare, per quanto concerne la natura di farmaco, questa è attestata dal codice di autorizzazione in commercio del farmaco stesso”.
La cosa che invece cambia rispetto alle normali spese mediche è la possibilità di portare in detrazione l’onere anche senza aver conservato la prescrizione medica: “Per le spese sostenute per l’acquisto di farmaci veterinari – scrive appunto l’Agenzia – non è più necessaria la prescrizione medica ma solamente lo scontrino parlante”.

Non conta nemmeno dove si è effettuato l’acquisto. “Non rileva – prosegue la Risoluzione – il luogo dove sono stati acquistati detti medicinali; infatti, i farmaci certificati da scontrino parlante sono detraibili anche se venduti da strutture diverse dalle farmacie, purché a ciò autorizzate dal ministero della salute (come per la vendita di farmaci generici nei supermercati)”.
In sostanza, sta dicendo l’amministrazione, il farmaco è farmaco, a prescindere da chi lo vende.
Quanto ai farmaci in sé, è bene ricordare che non tutto quello che si acquista (e che si crede possa rientrare nel raggio della detrazione) sarà poi detraibile.
A questo proposito la Risoluzione delle Entrate chiama in causa i tanto discussi integratori alimentari, per i quali, sia nel caso degli umani che nel caso degli animali (per questi ultimi si parla in genere di “mangimi”), la detrazione non sarà mai applicabile, visto che la legge non considera gli integratori/mangimi – anche se assunti per finalità terapeutiche o di benessere fisico – dei medicinali veri e propri, essendo questi “prodotti appartenenti all’area alimentare”.
Quindi, a meno di non modificare la normativa e di renderla più malleabile, gli integratori o mangimi non potranno mai essere ammessi in detrazione.

Al di là, poi, di queste indicazioni specifiche, la Risoluzione traccia anche un sunto sulla detraibilità in genere delle spese veterinarie.
Con quelle mediche, anche le veterinarie condividono la franchigia “in entrata” dei 129,11 euro, ma a differenza delle prime hanno un tetto limite che blocca il beneficio al di sopra dei 387,34 euro.
In sostanza si può detrarre il 19% della quota di spesa eventualmente superiore a 129 euro, restando però nei limiti dei 387 (soglia in vigore ad oggi che in futuro potrebbe anche innalzarsi o abbassarsi). Una spesa annua, cioè, di 128 euro non sarebbe detraibile proprio perché inferiore alla franchigia, come anche non sarebbe detraibile tutto ciò che eccede i 387 euro in una spesa ad esempio di 500.
Oltretutto, altro aspetto di non poco conto, considerando che sono molte le famiglie con più di un animale domestico, la soglia di spesa massima pari a 387 euro (tolta ovviamente la franchigia) è cumulativa, e non specifica per ogni singolo animale. In sostanza, a prescindere dalla quantità degli animali presenti, la detrazione resta sempre calcolabile entro quei valori numerici che abbiamo detto. Di conseguenza, quello che al massimo potrà essere detratto sarà un importo di 49 euro, ovvero il 19% di 258,23 euro, quota di spesa eccedente la franchigia di 129 euro, ma non superiore al tetto dei 387.

Vediamo ora con precisione di quali spese si parla.
La possibilità di portarle in detrazione, scrive l’Agenzia, “è limitata alle sole spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva, mentre non sono detraibili le spese per la cura di animali destinati all’allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare e di animali di qualunque specie allevati o detenuti nell’esercizio di attività commerciali o agricole, né in relazione ad animali utilizzati per attività illecite”.
Nello specifico, quindi, sono ammesse “le prestazioni professionali rese dal veterinario, l’acquisto di medicinali veterinari prescritti dal veterinario e le spese per analisi di laboratorio e interventi presso cliniche veterinarie.
In particolare (…) si ritiene che, con riferimento alla detraibilità delle spese sostenute per medicinali veterinari non sia più necessario conservare la prescrizione del medico veterinario, ma sia sufficiente lo scontrino parlante”.

FONTE: CAF ACLI