Il bonus da 80 euro non è precluso ai lavoratori domestici: per questi ultimi, di fatto, cambia solo il modo in cui viene esplicata l’attribuzione del credito. Di solito è il datore di lavoro – quand’esso è facente funzione di sostituto d’imposta – ad attribuire direttamente gli 80 euro al dipendente nella busta paga di fine mese. In ogni caso, anche laddove il datore di lavoro omettesse erroneamente l’attribuzione del bonus in busta paga, il dipendente potrebbe comunque recuperarlo attraverso la prima dichiarazione dei redditi utile.
Lo stesso procedimento può essere appunto adottato coi lavoratori domestici, a meno che essi non siano già forniti, oltre alla famiglia o alle famiglie per le quali prestano i loro servizi, di un datore di lavoro che sia anche sostituto d’imposta. In tal caso, presentando un normale modello 730, sarà quest’ultimo sostituto a conguagliare gli 80 euro sulla paga del lavoratore, altrimenti, per chi svolge più o meno stabilmente lavori a domicilio, dalle colf a ore ai badanti che dimorano con gli anziani che accudiscono, l’unica strada possibile sarà quella del recupero tramite il 730 senza sostituto d’imposta.
Dev’essere chiaro, però, che gli 80 euro sono di fatto una detrazione sulla detrazione, cioè una maggiorazione della già esistente detrazione applicata al reddito da lavoro dipendente. Ne consegue che chi sta sotto gli 8.000 euro all’anno, non pagando già di suo l’Irpef (in quanto la detrazione fino a una soglia di 8.000 euro abbatte strutturalmente l’imposta), è automaticamente escluso dal diritto degli 80 euro. Ora, come già abbiamo detto, le detrazioni sul lavoro dipendente vengono applicate in busta paga dal datore di lavoro facente funzione di sostituto d’imposta, che di conseguenza applicherà anche il credito da 80 euro; viceversa, in assenza di un datore di lavoro che svolga al tempo stesso la funzione di sostituto, il lavoratore, pur nel pieno diritto di ricevere il bonus, non potrà far altro che aspettare la dichiarazione dei redditi.
È appunto il caso delle persone che svolgono servizi domestici, i cui datori di lavoro, non rivestendo la qualifica di sostituto d’imposta e non effettuando le ritenute fiscali, non possono nemmeno effettuare le operazioni di conguaglio risultanti dal modello 730 del lavoratore. Inoltre tali datori di lavoro non sono tenuti a rilasciare la Certificazione Unica vera e propria, ma ai sensi dell’articolo 33 comma 4 del Contratto Collettivo Nazionale sono comunque tenuti a rilasciare un’attestazione da cui risulti l’ammontare complessivo delle somme erogate nell’anno. In conclusione il lavoratore domestico, munito dell’attestazione reddituale rilasciata dal familiare che l’ha regolarmente assunto, dovrà indicare il proprio reddito annuo nel quadro C – sezione I del modello 730. Per l’esattezza:
- nella colonna 1 dovrà indicare il codice 2 in quanto il reddito percepito è da lavoro dipendente;
- nella colonna 2 dovrà indicare se il rapporto di lavoro è a tempo indeterminato (codice 1) o a tempo determinato (codice 2); tale informazione si evince dalla lettera di assunzione o dall’attestazione annuale dei redditi;
- nella colonna 3 dovrà indicare il reddito percepito nell’anno di riferimento, al netto dei contributi a carico del lavoratore domestico già versati dal datore di lavoro;
- nella prima colonna del rigo C5 andranno infine indicati i giorni di lavoro dipendente prestati nell’anno, che dovranno essere rinvenibili dall’attestazione annuale dei redditi ai fini di un corretto calcolo delle detrazioni da lavoro dipendente.
Fonte: CAF ACLI