Dopo una prigionia di 55 giorni, il 9 maggio, nel bagagliaio di una Renault 4 parcheggiata in via Caetani, a Roma, fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro. La mattina del 16 marzo 1978 l’auto che lo trasportava dalla sua abitazione alla Camera dei deputati fu intercettata e bloccata in via Mario Fani a Roma da un nucleo armato delle Brigate Rosse. I brigatisti uccisero i due carabinieri e i tre poliziotti della scorta.
Durante il sequestro, Moro fu sottoposto a un processo politico da parte del cosiddetto «tribunale del popolo» istituito dalle Brigate Rosse e dopo aver chiesto invano uno scambio di prigionieri con lo Stato italiano, fu ucciso.
Ma la tragedia che coinvolse Aldo Moro non fu l’unico evento drammatico avvenuto il 9 maggio del 1978 .Quel giorno, infatti, anche Giuseppe Impastato, detto Peppino, dovette fare i conti con la criminalità organizzata: il giornalista e attivista siciliano fu ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio. Il suo cadavere fu imbottito di tritolo e fatto saltare sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani, così la sua morte potè sembrare un gesto suicida. Si fece emergere la matrice mafiosa dell’attentato grazie alla madre di Peppino, la signora Felicia, ed al fratello del giornalista.
Ancora dopo tanto tempo, o più precisamente, dopo trentanove anni queste due vicende, legate dallo stesso destino, sono ancora avvolte da un velo mistero.