Anche l’Ecobonus ha trovato la strada della riconferma. La Finanziaria 2018 ha infatti prorogato l’impianto della detrazione sui lavori finalizzati al risparmio energetico, che a differenza del bonus “parallelo” applicato al 50% sugli interventi edilizi o di manutenzione ordinaria/straordinaria, non viene circoscritta ai soli interventi relativi ad immobili residenziali (idem per il bonus arredi), ma estesa a tutti gli edifici esistenti, “di qualunque categoria catastale, anche se rurali, compresi quelli strumentali all’attività d’impresa o professionale”. Fondamentalmente la detrazione resta quella di sempre. Così come disposto per il 50%, anche il 65 resterà di fatto lo stesso, con identiche soglie di spesa e identiche percentuali di sconto sulle tabelle dei massimali.
Anche i beneficiari restano quelli, ovvero le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, i contribuenti che conseguono reddito d’impresa (persone fisiche, società di persone, società di capitali), le associazioni tra professionisti e infine gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale. L’unico aspetto che è stato ritoccato è la misura dello sconto destinato a determinati lavori, nello specifico la sostituzione degli infissi, le schermature solari, gli impianti di climatizzazione invernale e le caldaie a condensazione o a biomassa, per i quali la detrazione viene abbassata dall’ordinario 65% al 50%, equiparandola di fatto a un bonus ristrutturazioni.
Quando si parla di “interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti”, ci si riferisce in pratica a diverse tipologie di spesa: quelle per la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento; le spese per il miglioramento termico dell’edificio; o per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale. Nello specifico, quindi, a seconda di quale sia la tipologia dell’intervento effettuato, il bonus fiscale si articola su diverse soglie di spesa massima (che abbiamo detto non cambieranno). Per “spesa massima”, precisiamo, va inteso il tetto di spesa su cui verrà applicata la detrazione, quindi l’importo da cui deriverà il risparmio vero e proprio sull’imposta. Abbiamo in primis i 153.846 euro per la riqualificazione energetica degli edifici (detrazione massima pari a 100mila euro); vi sono poi i 92.307 euro fissati per i lavori sull’involucro degli edifici o l’installazione di pannelli solari (detrazione massima pari a 60.000 euro); ed infine i46.153 euro per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (detrazione massima pari a 30mila euro).
Quanto alla “riqualificazione energetica degli edifici”, non vi è una lista specifica di opere o impianti che la caratterizzino più di altri, l’importante è che l’insieme dei lavori svolti consenta “il raggiungimento di un indice di prestazione energetica non superiore ai valori definiti dal decreto del Ministro dello Sviluppo economico dell’11 marzo 2008”. In comune col bonus 50% vi sono due regole fondamentali: la fattura intestata al soggetto beneficiario della detrazione e il bonifico di versamento riportante a) il codice fiscale dello stesso beneficiario, b) la causale normativa (“Detrazione del 65% ai sensi della Legge 296/2006”) e c) la partita Iva della ditta cui è destinata la somma.
Ma non basta.
Oltre a certificare le spese, servirà infatti esibire tutta una serie di documenti tecnici che dimostrino l’efficientamento energetico dell’edificio, vale a dire: l’asseverazione, che consentirà di dimostrare che l’intervento è conforme ai requisiti tecnici richiesti; l’attestato di certificazione energetica contenente i dati relativi all’efficienza dell’edificio; ed infine la scheda informativa, contenente la sintesi dei lavori, da compilare direttamente sul sito dell’Enea non oltre novanta giorni dalla data di collaudo (cioè dall’ultimazione dei lavori). Quanto alla scheda dell’Enea, va precisato che l’omessa presentazione è comunque sanabile, ovvero non preclude la possibilità di applicare la detrazione, pur dietro la corresponsione della sanzione minima pari a 258 euro. Ciò è possibile attraverso la cosiddetta remissione in bonis, su cui si espresse a suo tempo l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 38/E del 2012.
Tuttavia, la condizione basilare affinché l’istituto della remissione possa trovare applicazione, è “che la violazione non sia stata già constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza”. A parte questo, è fondamentale che “il contribuente abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento” (nel caso del 65%, ad esempio, bisogna che tutto il resto della documentazione risponda ai requisiti tecnici previsti) e che “effettui la comunicazione, ovvero esegua l’adempimento richiesto, entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile”. In altre parole, non avendo inviato la comunicazione all’Enea entro la scadenza prevista, il contribuente potrà comunque inviarla “entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile”, laddove, puntualizzano le Entrate, per “termine di presentazione” si intende quello ordinario del 30 settembre (consegna del Modello Redditi ex Unico)
FONTE: CAF ACLI